mercoledì 27 marzo 2013

Piange il telefono.... e piangi tu!


Dopo aver sudato e sputato sangue per avere un appuntamento, finalmente riesco ad entrare nel sancta sanctorum del cliente. Sono nel suo ufficio, lui è disponibile ad ascoltare la presentazione, vuole raccontarmi i suoi problemi ed è curioso di conoscere le mie soluzioni. Che storia!
Nel bel mezzo di tutto l’innamoramento, squilla un cellulare:


IL MIO


Mapporc... ma non l’avevo spento? Nemmeno il vibra? E adesso? Rispondo, oppure no?


Andiamo con ordine partendo dal fatto che si prendono in considerazione solo le chiamate che arrivano da parte di clienti. Ovvio, no?
Se chiama la moglie, l’amico, la tua azienda... non si risponde. Si chiede scusa, credevo di averlo spento, lo si spegne davvero e bon.
Detto questo, il telefono può squillare in due momenti diversi: o stavi parlando tu, o stava parlando il tuo potenziale cliente.
Se il telefono inizia a squillare mentre LUI sta raccontando i suoi problemi, tu azzeri la suoneria, aspetti che il monologo sia finito e poi, quando tocca a te, dici “Mi permette di richiamare questo cliente?”
Ovviamente, se invece il telefono suona mentre parli tu, fermati, chiedi il permesso e rispondi.

Dato che abbiamo escluso tutte le chiamate che non siano di clienti, il passaggio successivo è prendere coscienza che normalmente un cliente non chiama per fare gli applausi. Se chiama è perchè qualcosa, del tuo prodotto o servizio, non è piaciuto o non funziona bene. Un bel guaio, no? Tu sei davanti ad un potenziale cliente a snocciolare i lati positivi del tuo prodotto e ti ritrovi costretto a fargli sentire che ti giustifichi con qualcun altro per quel prodotto o servizio.
So che sembrerà strano, ma tutto sommato il tuo è un colpo di fortuna. Ho detto che LO SO che può sembrare strano, quindi non ti affannare a chiamare la neuro e fammi finire.
E’ davvero un colpo di fortuna: nel momento in cui ti metti a spiegare al telefono come risolvere il problema, grande o piccolo che sia, stai facendo vedere al tuo potenziale cliente (che, non dimentichiamolo, è lì fermo a guardare come ti comporti) che sei una persona affidabile.
Per quanto tu possa dire bene del tuo prodotto, prima o poi nella sua testa comincerà a ronzare la domanda “ e se poi non funziona?”. Bene, rispondendo a quella telefonata gli hai fatto capire: “Se non funziona, chiamami che ti spiego cosa fare”.
Non è male, no?
C’è un altro aspetto altrettanto importante: la risoluzione deve essere breve, altrimenti il tuo potenziale cliente, vedendo che la telefonata diventa lunga, potrebbe mettersi a fare dell’altro. Che brutta scena: tu risolvi i casini ad un cliente incazzato come una bestia e lo fai nell’ufficio di uno che hai conosciuto mezz’ora fa e che nel frattempo si sta facendo i fatti suoi.
In un altro post (QUESTO, per l’esattezza) avevo già accennato alla possibilità di scrivere delle FAQ in un piccolo blog gratuito: riassumi i problemi più comuni in tante piccole categorie e dai le risposte ai problemi. Basterà dire al tuo cliente di cliccare sul link che gli hai mandato via mail (se vuole glielo rimando subito!) e poi di cercare la sezione dedicata al suo problema. Se non si risolve, mi richiami che le do altre soluzioni. Ovviamente, se richiama, gli dai il numero verde dell’assistenza, no?

Già così, ti risolvi almeno l’80% delle telefonate. Alcune smetteranno addirittura di arrivare...

lunedì 11 marzo 2013

TU al centro del tuo cliente

Quanto scritto qui sotto è stato ispirato da questo post
Leggo un sacco di blog di vendita, metabolizzo, rimastico, confronto... e cerco di "fare miei" i concetti. Una volta concluso il processo, scrivo la mia versione dei fatti e per farlo, inevitabilmente vado a ricalcare quanto scritto dai miei "ispiratori". Niente di nuovo sotto il sole, quindi, solo un punto di vista in più.
Detto questo, cominciamo....

C’è la crisi.
Ve ne eravate accorti?
OK, come inizio non è il massimo, ma non vi sto prendendo per i fondelli. Purtroppo questo assioma, che da anni ci viene ripetuto, deve diventare uno spunto di riflessione per abbattere tutti i meccanismi commerciali che fino a qualche anno fa (quando magari la crisi non c’era) andavano benissimo, ma ora sono vecchi, sentiti, triti e ritriti. Insomma, non funzionano più.
Uno di questi meccanismi è il fatto di usare il plurale per parlare della propria azienda quando siamo di fronte al prospect.
Si deve fidare di noi. I nostri prodotti. I nostri servizi. I nostri clienti. La nostra assistenza. NOI.
Non è un errore e non voglio farlo percepire come tale. Il plurale denota una struttura, delle competenze ripartite, fa percepire solidità. Tutte cose positive, ma che vanno bene fino ad un certo punto della trattativa.
Se portiamo avanti questo atteggiamento in tutte le fasi, ci sarà un momento in cui il cliente chiederà delle garanzie. E se poi non funziona? E se poi funziona, ma non come dovrebbe? E se lei, caro venditore, si sta sbagliando?
Il fatto di far parte di una grande organizzazione, al giorno d’oggi, non è più una garanzia per nessuno. Anzi, più grande è l’azienda e più ci si immagina lo studio legale collegato: schiere di avvocati in giacca e cravatta pronti a dare battaglia per poter giustificare il loro faraoinco stipendio.
Ci si immagina burocrazia, lungaggini, email e fax per ogni minima cagata.
Nella grande azienda si immagina la spersonalizzazione del servizio, che verrà attivato in remoto dall’operatore telefonico codice QU-QU-SETTE. Oppure la spersonalizzazione
del prodotto che verrà consegnato da un anonimo corriere che una volta presa la firma scappa e se dentro la scatola è tutto in frantumi fai reclamo al numero verde....


Se tu fossi il cliente, vivresti tranquillo?

Andiamo al nocciolo: ad un certo punto della trattativa, soprattutto quando si comincia a parlare di soldi... beh lì è finita la manfrina. Si parte con la roba forte: il MIO prodotto, la MIA azienda, l’assistenza che IO le fornirò, ecc...
Inutile dire che per fare questo dovrai essere sicurissimo di quello che dici, di ciò che prometti e che fai percepire.
Se dici che la TUA azienda è la migliore, beh... ti conviene crederci, perchè il tuo interlocutore non si accontenterà di sentirtelo dire: ti vorrà guardare negli occhi. E gli occhi non dicono balle.
Se parli dell’assistenza che TU gli darai, allora sii certo di aver messo in atto una serie di processi che ti permetteranno di gestire almeno le lamentele del primo livello. Se alla prima telefonata di informazioni post-installazione tu lo rimandi al numero verde, fai la figura del caciottaro. Hai venduto questa volta, ma non mi vedi più. Ecco la fine che ti farà fare il cliente!
Prepara un piccolo blog, di quelli gratuiti, dove rispondi alle domande più frequenti. Oppure preparati una fila di email con le soluzioni ai problemi più comuni. Mano a mano che si presenta il problema, mandi la mail corrispondente. Studia il prodotto che vendi: molte cose le ho risolte al telefono, guidando il cliente alla soluzione.
Questi accorgimenti fanno in modo che TU diventi l’azienda. Il prodotto. Il servizio.
Il tuo cliente non andrà in giro a dire che ha risolto il problema della telefonia con Vodafone (o TIM o Wind o chi vuoi tu), ma dirà che l’ha risolto CON TE: “uno giovane, in gamba, che non racconta balle.” Questa frase l’ho sentita dire da un mio cliente ad un suo partner. Gli stava parlando di me.
Essere al centro di tutti i processi può essere stancante, ma solo all’inizio. I problemi alla fin fine son sempre quelli, quindi dopo un po’ è facile essere preparato alla telefonata del cliente deluso. L'importante è non negarsi mai ed essere sempre disponibile, altrimenti poi non ci si deve lamentare quando si sente dire:
"Voi venditori siete buoni e bravi finchè c'è da firmare e poi, al primo problema, sparite".