venerdì 20 settembre 2013

Lettera aperta allo STAFF



Caro STAFF, buongiorno, sono il venditore. Quello della tua azienda. Sì sì, proprio lui. Quello vestito da pinguino tutto l’anno. Impiccato con la cravatta e coperto dalla giacca anche il 30 luglio, quando tu vieni in ufficio con polo, pinocchietti e infradito.

Sono quel tipo grottesco che fa principalmente due cose: o sta al telefono o sta fuori ufficio. Primo chiarimento: caro STAFF, quando sono sono fuori ufficio non sto “in giro”: se mi è andata bene, sto elemosinando l’attenzione di uno che fa di tutto per scoprire se e dove lo sto fregando. Se invece mi è andata male, sto macinando due autostrade per andare da uno che, guarda un po’, farà di tutto per scoprire se e dove lo sto fregando.
Secondo chiarimento: non sono un samaritano. Tutta questa bella vita la faccio esclusivamente per il mio tornaconto personale. La faccio perchè alla fine del mese prendo i soldi per vivere, mica per altri motivi. Tuttavia, caro STAFF, forse non hai ben chiaro che i soldi che prendo io sono gli stessi che prendi tu. Arrivano dalla stessa tasca. Quella del cliente.

Mi spiego meglio.
Ora, prenditi qualche minuto e continua a leggere, perchè tra poco ti stupirò.

Spesso ho l’impressione, sentendoti parlare, che tu sia convinto che lo  stipendio sia il frutto di un’apparizione. Una sorta di miracolo. Prima i soldi non c’erano, adesso ci sono ed il titolare, in un momento di carità cristiana, decide di donarli sotto forma di busta paga. Tu credi che nel mondo esistano  LA TUA azienda ed IL TUO generosissimo titolare. Tutto il resto è noia.

Ti svelo un segreto

venerdì 28 giugno 2013

Gli annunci e i colloqui di lavoro

I venditori, si sa, sono merce piuttosto rara. Quelli bravi sono molto più che merce rara. Sono quasi leggende. Questo fa sì che gli annunci sui portali di settore che ricercano venditori siano i più longevi. Sono mesi che quell’azienda della provincia di vattelapesca sta cercando un sales manager che faccia al caso suo. D’altronde, è mica facile trovare uno che oltre a saper vendere il profilato metallico ricamato, sappia anche coordinare una squadra di venditori sparsa sul territorio nazionale.
Ora, con questo post non voglio mettermi qui a dire come gestire un colloquio di lavoro: sono tanti i siti che danni ottimi consigli e poi, diciamocelo, basta anche un po’ di buon senso...
Non so come descrivere quello che scriverò qui, non so come catalogarlo: sfogo personale, pubblica denuncia, imperituro mònito, minaccia globale.... insomma, c’è una cosa che mi fa girare le balle e secondo me, a lungo andare, oltre ad aver fatto danni negli ultimi tempi, rischia di far peggiorare ulteriormente la situazione.
Andiamo al sodo.
Normalmente negli annunci di lavoro, e conseguenti colloqui, viene proposto: ambiente giovane e dinamico, in rapida espansione - reali possibilità di carriera - elasticità di orario - meritocrazia a manetta e retribuzione ai massimi livelli di mercato.
Normalmente, per queste posizioni, vengono ricercate: persone serie, volenterose, automunite, spinte dal sacro fuoco della vendita, iper-motivate, di bella presenza, media cultura... ecc.... ecc... insomma, certe volte sembra la nostra descrizione. Quello sono io. Mando subito il CV.
Poi l’occhio cade sull’ultimo requisito. L’ultima cosa necessaria:

mercoledì 27 marzo 2013

Piange il telefono.... e piangi tu!


Dopo aver sudato e sputato sangue per avere un appuntamento, finalmente riesco ad entrare nel sancta sanctorum del cliente. Sono nel suo ufficio, lui è disponibile ad ascoltare la presentazione, vuole raccontarmi i suoi problemi ed è curioso di conoscere le mie soluzioni. Che storia!
Nel bel mezzo di tutto l’innamoramento, squilla un cellulare:


IL MIO


Mapporc... ma non l’avevo spento? Nemmeno il vibra? E adesso? Rispondo, oppure no?


Andiamo con ordine partendo dal fatto che si prendono in considerazione solo le chiamate che arrivano da parte di clienti. Ovvio, no?
Se chiama la moglie, l’amico, la tua azienda... non si risponde. Si chiede scusa, credevo di averlo spento, lo si spegne davvero e bon.
Detto questo, il telefono può squillare in due momenti diversi: o stavi parlando tu, o stava parlando il tuo potenziale cliente.
Se il telefono inizia a squillare mentre LUI sta raccontando i suoi problemi, tu azzeri la suoneria, aspetti che il monologo sia finito e poi, quando tocca a te, dici “Mi permette di richiamare questo cliente?”
Ovviamente, se invece il telefono suona mentre parli tu, fermati, chiedi il permesso e rispondi.

Dato che abbiamo escluso tutte le chiamate che non siano di clienti, il passaggio successivo è prendere coscienza che normalmente un cliente non chiama per fare gli applausi. Se chiama è perchè qualcosa, del tuo prodotto o servizio, non è piaciuto o non funziona bene. Un bel guaio, no? Tu sei davanti ad un potenziale cliente a snocciolare i lati positivi del tuo prodotto e ti ritrovi costretto a fargli sentire che ti giustifichi con qualcun altro per quel prodotto o servizio.
So che sembrerà strano, ma tutto sommato il tuo è un colpo di fortuna. Ho detto che LO SO che può sembrare strano, quindi non ti affannare a chiamare la neuro e fammi finire.
E’ davvero un colpo di fortuna: nel momento in cui ti metti a spiegare al telefono come risolvere il problema, grande o piccolo che sia, stai facendo vedere al tuo potenziale cliente (che, non dimentichiamolo, è lì fermo a guardare come ti comporti) che sei una persona affidabile.
Per quanto tu possa dire bene del tuo prodotto, prima o poi nella sua testa comincerà a ronzare la domanda “ e se poi non funziona?”. Bene, rispondendo a quella telefonata gli hai fatto capire: “Se non funziona, chiamami che ti spiego cosa fare”.
Non è male, no?
C’è un altro aspetto altrettanto importante: la risoluzione deve essere breve, altrimenti il tuo potenziale cliente, vedendo che la telefonata diventa lunga, potrebbe mettersi a fare dell’altro. Che brutta scena: tu risolvi i casini ad un cliente incazzato come una bestia e lo fai nell’ufficio di uno che hai conosciuto mezz’ora fa e che nel frattempo si sta facendo i fatti suoi.
In un altro post (QUESTO, per l’esattezza) avevo già accennato alla possibilità di scrivere delle FAQ in un piccolo blog gratuito: riassumi i problemi più comuni in tante piccole categorie e dai le risposte ai problemi. Basterà dire al tuo cliente di cliccare sul link che gli hai mandato via mail (se vuole glielo rimando subito!) e poi di cercare la sezione dedicata al suo problema. Se non si risolve, mi richiami che le do altre soluzioni. Ovviamente, se richiama, gli dai il numero verde dell’assistenza, no?

Già così, ti risolvi almeno l’80% delle telefonate. Alcune smetteranno addirittura di arrivare...

lunedì 11 marzo 2013

TU al centro del tuo cliente

Quanto scritto qui sotto è stato ispirato da questo post
Leggo un sacco di blog di vendita, metabolizzo, rimastico, confronto... e cerco di "fare miei" i concetti. Una volta concluso il processo, scrivo la mia versione dei fatti e per farlo, inevitabilmente vado a ricalcare quanto scritto dai miei "ispiratori". Niente di nuovo sotto il sole, quindi, solo un punto di vista in più.
Detto questo, cominciamo....

C’è la crisi.
Ve ne eravate accorti?
OK, come inizio non è il massimo, ma non vi sto prendendo per i fondelli. Purtroppo questo assioma, che da anni ci viene ripetuto, deve diventare uno spunto di riflessione per abbattere tutti i meccanismi commerciali che fino a qualche anno fa (quando magari la crisi non c’era) andavano benissimo, ma ora sono vecchi, sentiti, triti e ritriti. Insomma, non funzionano più.
Uno di questi meccanismi è il fatto di usare il plurale per parlare della propria azienda quando siamo di fronte al prospect.
Si deve fidare di noi. I nostri prodotti. I nostri servizi. I nostri clienti. La nostra assistenza. NOI.
Non è un errore e non voglio farlo percepire come tale. Il plurale denota una struttura, delle competenze ripartite, fa percepire solidità. Tutte cose positive, ma che vanno bene fino ad un certo punto della trattativa.
Se portiamo avanti questo atteggiamento in tutte le fasi, ci sarà un momento in cui il cliente chiederà delle garanzie. E se poi non funziona? E se poi funziona, ma non come dovrebbe? E se lei, caro venditore, si sta sbagliando?
Il fatto di far parte di una grande organizzazione, al giorno d’oggi, non è più una garanzia per nessuno. Anzi, più grande è l’azienda e più ci si immagina lo studio legale collegato: schiere di avvocati in giacca e cravatta pronti a dare battaglia per poter giustificare il loro faraoinco stipendio.
Ci si immagina burocrazia, lungaggini, email e fax per ogni minima cagata.
Nella grande azienda si immagina la spersonalizzazione del servizio, che verrà attivato in remoto dall’operatore telefonico codice QU-QU-SETTE. Oppure la spersonalizzazione
del prodotto che verrà consegnato da un anonimo corriere che una volta presa la firma scappa e se dentro la scatola è tutto in frantumi fai reclamo al numero verde....


Se tu fossi il cliente, vivresti tranquillo?

Andiamo al nocciolo: ad un certo punto della trattativa, soprattutto quando si comincia a parlare di soldi... beh lì è finita la manfrina. Si parte con la roba forte: il MIO prodotto, la MIA azienda, l’assistenza che IO le fornirò, ecc...
Inutile dire che per fare questo dovrai essere sicurissimo di quello che dici, di ciò che prometti e che fai percepire.
Se dici che la TUA azienda è la migliore, beh... ti conviene crederci, perchè il tuo interlocutore non si accontenterà di sentirtelo dire: ti vorrà guardare negli occhi. E gli occhi non dicono balle.
Se parli dell’assistenza che TU gli darai, allora sii certo di aver messo in atto una serie di processi che ti permetteranno di gestire almeno le lamentele del primo livello. Se alla prima telefonata di informazioni post-installazione tu lo rimandi al numero verde, fai la figura del caciottaro. Hai venduto questa volta, ma non mi vedi più. Ecco la fine che ti farà fare il cliente!
Prepara un piccolo blog, di quelli gratuiti, dove rispondi alle domande più frequenti. Oppure preparati una fila di email con le soluzioni ai problemi più comuni. Mano a mano che si presenta il problema, mandi la mail corrispondente. Studia il prodotto che vendi: molte cose le ho risolte al telefono, guidando il cliente alla soluzione.
Questi accorgimenti fanno in modo che TU diventi l’azienda. Il prodotto. Il servizio.
Il tuo cliente non andrà in giro a dire che ha risolto il problema della telefonia con Vodafone (o TIM o Wind o chi vuoi tu), ma dirà che l’ha risolto CON TE: “uno giovane, in gamba, che non racconta balle.” Questa frase l’ho sentita dire da un mio cliente ad un suo partner. Gli stava parlando di me.
Essere al centro di tutti i processi può essere stancante, ma solo all’inizio. I problemi alla fin fine son sempre quelli, quindi dopo un po’ è facile essere preparato alla telefonata del cliente deluso. L'importante è non negarsi mai ed essere sempre disponibile, altrimenti poi non ci si deve lamentare quando si sente dire:
"Voi venditori siete buoni e bravi finchè c'è da firmare e poi, al primo problema, sparite".









venerdì 15 febbraio 2013

Quelli che.... il MACEF lo sfruttano proprio bene!


Per vendere abbiamo bisogno di prospect, si sa. Per trovarli ci affanniamo con i canali classici: telemarketing, referenze, passaparola, email marketing. Poi un bel giorno il nostro capo ci dice che ha preso un piccolo stand alla fiera di vattelapesca, quindi sarebbe un bel gesto che tu fossi presente dalle 8 alle 18 da giovedì al lunedì successivo, week end compreso. Ci si rimane sempre un po’ male ma.... Sappi che è il più bel regalo che potesse farti!!! 
Poteva mandare qualcun altro. Poteva andarci lui e lasciarti attaccato al telefono dell’ufficio per tutta la settimana a supplicare i prospect. Lui quello stand l’ha pagato qualche migliaio di euro e lo sta offrendo a te. Te lo regala, in cambio del tuo tempo.
Non fare come QUELLO CHE....


- Quello che lascia lo stand VUOTO, con un mazzetto di biglietti da visita sulla scrivania ed un ventaglio di brochure che quasi quasi era meglio lasciarlo davvero completamente vuoto: almeno si poteva pensare che all'ultimo minuto poteva essere successo qualcosa. Così invece ci si rende conto che la persona c'è, ma ha preferito andare altrove, forse nella speranza che qualche visitatore, attratto dal meraviglioso ventaglio di brochure, prenda un po' di materiale per poi chiamare in azienda e firmare un contratto milionario. Stile Mc Drive...

- Quello che tacchina: normalmente ha una hostess nel suo stand (o anche nello stand di fianco). Lui passa il tempo a girarle intorno come un elettrone. Nel senso che giragiragira, ma non tocca mai. Fa battute idiote, passa 5 giorni ad offrirle caffè e caramelle, fa la pausa pranzo con lei (offrendo sempre). Se un visitatore gli chiede informazioni, le dà ma controvoglia, senza guardarlo negli occhi e senza approfondire gli argomenti. Come se non vedesse l’ora che il visitatore sparisca per poter continuare a fare il  giragiragira....

- Quello istruito: arriva alla fiera in perfetto orario, vestito e profumato, con la faccia seria. Si siede, apre il giornale...... e si mette a leggere! Legge per i successivi 5 giorni. Ogni tanto smette per mangiare qualche caramella. Di quelle che aveva portato per i visitatori, ma d’altronde non si ferma nessuno a questa fiera di merda, l’anno prossimo col cavolo che ci torno !!!

- Quelli festaioli: ciotole piene di salatini, tovagliolini colorati, bicchieri di plastica, centrini macchiati e spiegazzati, panini, panettone, torrone, colomba, caramelle, bottiglie di fanta e sprite aperte e sgasate. Non sapevano come passare i 5 giorni in fiera, quindi per ingannare il tempo si sono portati da mangiare. Risultato: lo stand (e quindi la percezione dell’azienda) è un porcile. Briciole ovunque, macchie di sanbitter in tutta la corsia, grissini calpestati qua e là e - cosa da non sottovalutare - lo stand pieno zeppo di scrocconi. Se anche un potenziale cliente si volesse informare....

- Quelli che passano il tempo al telefono. Il visitatore si avvicina allo stand, viene accalappiato dalle avvenenti hostess e risponde alle domande di rito che gli fanno in attesa che arrivi il commerciale. Lui però non arriva... sa, lo scusi, è al telefono con un cliente. A quel punto, ma solo a quel punto, ci si accorge che c’è un pingone ben vestito che va su e giù davanti allo stand con il telefono che gli salta da una mano all’altra. E paaaaaarla, paaaaaarla, paaaaaarla mentre il visitatore è lì come un fesso ad aspettare. Per passare il tempo si guarda qualche vetrinetta, qualche prezzuccio e poi..... VIA!!!
Il migliore che ho visto è quello che ha chiuso la telefonata e poi rivolgendosi al visitatore, per giustificarsi in modo simpatico gli ha fatto capire che parlava con un idiota: il cliente. Un bel modo per convincerlo a far parte della schiera....


...e voi? Ne avete visti altri?

venerdì 18 gennaio 2013

Il porta a porta turistico


Lo scoglio più duro quando si fa porta a porta è vincere la timidezza nell’entrata. Quando si entra si interrompe qualcuno che sta lavorando, quindi ci si sente innanzitutto in colpa. Magari entri e trovi il tuo interlocutore che sta parlando con un cliente, oppure è al telefono. Insomma, come si fa ad essere spavaldi in situazioni limite? C’è un metodo che permette di esserlo al punto giusto. 


Entri e chiedi un’informazione. 

Ti è mai capitato di entrare in un bar o un negozio soltanto per chiedere un’indicazione stradale? "Mi sa indicare dov'è la tale via? La tale piazza? Il tale negozio?" E che cosa è successo? Ti hanno mandato via a calci? Sono sicuro di no. Le risposte possono essere due: ti spiegano dov'è la via/piazza/negozio, oppure mi dispiace tanto, ma non la so aiutare.
Come ti senti quando qualcuno ti chiede un indicazione? Pensi che sia un depravato nullafacente rompiballe da cacciare via? Io di solito sono contento di aiutare gli altri: soprattutto se il mio sforzo è minimo.

Tornando al nostro porta a porta... La tecnica per agganciare il tuo potenziale cliente consiste in quello che ho detto prima. E’ la stessa cosa. Ma proprio la stessa.


Entri e chiedi un'informazione

Entri nel negozio che hai selezionato come tuo potenziale cliente e chiedi dove si trova la via che sta a circa 10 minuti a piedi da dove sei. Ovviamente la via te la sei preparata prima, no?
Scusi signora, mi sa dire dov’è la via morgantini? La signora spiegherà per bene, gira di lì, vai di là, supera il bar e sei arrivato. Domanda: scusi signora, ma quanto ci metterò a piedi? Sto andando ad un appuntamento di lavoro e sono un po’ in ritardo. La signora ti dirà dieci minuti. Grazie signora, è stata molto gentile.
Fatto questo, esci e ripeti la cosa in altri 5-10 posti (magari cambi il nome della via, ecco).
Quando sarai arrivato al decimo negozio, ti fermi e fai il punto della situazione. Non ti scordare che hai aperto 10 porte, hai parlato con 10 persone, quindi sai già dove troverai la segretaria, dove trovi il titolare, come erano fatti i negozi, se erano puliti, sporchi, con i clienti, senza clienti e così via. Ti sei fatto un'idea su 10 attività commerciali. A quel punto riparti da capo, saltando le attività che non ti vanno a genio. Nessuno ti costringe e rifarteli tutti se ti sei accorto di aver a che fare con una segretaria isterica, uno zozzone o un maleducato cronico.

Riprendendo il nostro esempio, per capitalizzare i tuoi sforzi, torni nel primo negozio, quello della signora e le chiedi se le puoi offrire un caffè al bar lì di fianco: le sue indicazioni ti hanno permesso di arrivare dal tuo cliente in tempo. No grazie, sto lavorando, è stato un piacere darle le indicazioni.... e così via. Beh signora, le posso lasciare questa mia brochure col mio numero di telefono? Potrei esserle utile anch’io. Grazie di tutto, arrivederci.
….e vattene !!! Sei stato simpatico e lei se lo ricorderà. Se mai avrà bisogno, chiamerà te.

Se invece il caffè lo viene a prendere davvero... beh... vuoi che prima o poi non ti chieda che cosa fai di bello nella vita?
Ripeti la stessa cosa nei 3-4 negozi che hai selezionato. Statisticamente, se in un giorno selezioni una ventina di negozi, aprirai 2/3 trattative utili.


Ogni giorno trovavo uno che diceva: “Ah lavora nella telefonia? Mi è appena arrivata la bolletta e mi sembra un po’ alta. La vuole vedere?”



giovedì 3 gennaio 2013

Black-out


Da circa 70 giorni ho la connessione internet che mi sta facendo impazzire. Il poco che ho scritto, l'ho postato con mezzi di fortuna (ipad, pc altrui...)

Prendo qualche giorno di pausa per sistemare la cosa. Mica voglio andare avanti così per sempre....

Spero di tornare al più presto online...